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Castello di Ripafratta o rocca di San Paolino

Il castello di Ripafratta

Il Castello di Ripafratta, noto anche come la Rocca di San Paolino, è un castello medievale situato sul Colle Vergario, che sovrasta il paese di Ripafratta (PI).
Il paese di Ripafratta si trova al confine tra le città di Lucca e Pisa, e lungo la loro principale via di comunicazione, un tempo nota con il nome Via Æmilia Scauri, poi Via Julia Augusta e Strada Statale 12 dell'Abetone e del Brennero, oggi SRT12. Il castello domina la valle del Serchio: tale posizione ha permesso a lungo il controllo sui traffici terrestri e fluviali fra le città rivali di Lucca e Pisa. Ripafratta, infatti, si è sviluppata inizialmente intorno al presidio doganale.
La rocca è caratterizzata da un recinto a pianta poligonale irregolare, occupato al centro dal mastioquadrangolare, e da altre due torri adiacenti alle mura.
Il colle Vergario è da sempre sede di attività umane, anche abitative, fin dall'Età del Ferro. Lo testimoniano alcuni dei riscontri archeologici di origine preistorica, etrusco-ligure e romana rinvenuti durante un'intensa campagna di scavi negli anni '80 del 1900.[1]. L'intera zona tra Lucca e Pisa, in particolare quello attualmente conosciuto come lungomonte sangiulianese, divenne in epoca alto-medievale un territorio ricco di strutture civili, militari e religiose di epoca e fattura romanica: pievi, torri di avvistamento e di controllo, piccoli villaggi, numerosi mulini ad acqua, eremi e monasteri situati sui monti sovrastanti. Un sistema feudale piuttosto regolamentato, nel quale le due città di Lucca e Pisa si contendevano la supremazia, con accordi o guerre, subendo e assecondando le influenze dei rispettivi vescovi e della sovranità imperiale.
In questo contesto è nata la Rocca di Ripafratta. L'antica torre originaria presente sul colle Vergario (tuttora al centro del castello) risale almeno al 970, ma la presenza di un edificio di quel tipo è probabilmente anteriore. La Rocca propriamente detta, intitolata a San Paolino patrono di Lucca, è stato costruita dalla Consorteria dei Da Ripafratta, nobili locali, inizialmente feudatari del vescovo lucchese. Con l'edificazione di una vera e propria struttura castellana, la famiglia intendeva rafforzare ed estendere il proprio controllo sul territorio strategico di Ripa, piccolo villaggio dipendente ecclesiasticamente dalla pieve lucchese di Montuolo, situato in una zona favorevole per la riscossione dei pedaggi stradali e fluviali. Ma proprio tale imposizione di gabelle causò i primi scontri con i lucchesi, che nel 1104 mossero guerra ai Da Ripafratta e conquistarono la Rocca. I nobili, che non avevano certo la possibilità di opporsi, chiamarono in aiuto i pisani, tornati da poco dalla Sardegna, che mossero guerra a Lucca e recuperarono Ripafratta. I lucchesi si fecero di nuovo avanti un anno dopo, nel 1105, ma furono di nuovo sconfitti. Si arrivò ad una prima pace grazie all'intervento dell'autorità imperiale, la quale sentenziò anche la legittimità dei dazi imposti dai nobili di Ripafratta e che il luogo fosse sottoposto all'influenza pisana.
Nel 1109 l'avvicinamento con Pisa segnò un ulteriore passo, con l'atto di donazione da parte dei Da Ripafratta all’Arcivescovo di Pisa di parte del castello. Con tale atto, i Da Ripafratta si obbligavano di fatto a riconoscere l'autorità della Chiesa pisana, a non nominare il castellano della Rocca senza l’approvazione dell’arcivescovo, e a non permutare il feudo con il Comune o la Chiesa di Lucca.
I frequenti conflitti tra le due città confinanti spinsero quindi il Comune pisano a fortificare ulteriormente la Rocca e il borgo, e costruire un più esteso sistema di difesa che si estendeva sui monti circostanti, con torri di avvistamento (le due superstiti sul versante di Ripafratta sono denominateNiccolai e Centino) e con una torre-porta a sbarramento della strada pedemontana (sopravvissuta fino alla seconda guerra mondiale). Negli anni1162-1164, quindi, la fortificazione fu ingrandita e trasformata in una vera e propria Rocca castellana. A questo periodo risale anche l'ulteriore cerchia muraria concentrica che proteggeva il piccolo borgo a ridosso del castello, antico nucleo dell'odierna Ripafratta. Di questa cerchia muraria, rimangono oggi visibili solo pochi resti.
Con il mutare delle condizioni politiche e con la "pacificazione" imposta dal dominio fiorentino, la Rocca perse gradualmente importanza. Per secoli aveva presidiato un confine che adesso non necessitava più di difesa: già nel 1607 il castello risultava abbandonato. Nel 1628 venne allivellata ad Orazio Angelini, “ad uso d’orto con piantarci de’ frutti e viti”; nel 1678 il livello passò al fattore della tenuta granducale di Collesalvetti, che dopo pochi mesi lo cedette ai Roncioni, discendenti dei Da Ripafratta.
La Rocca è tuttora proprietà privata, soffocata dalla vegetazione ed in attesa di urgenti interventi di messa in sicurezza, conservazione e restauro. Gli stessi rinvenimenti archeologici, affiorati con gli scavi negli anni '80, sono stati gravemente danneggiati dall'incuria. Un importante progetto di recupero e valorizzazione turistica ad opera del Comune di San Giuliano Terme e della Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, siglato nel 2008, è fallito prima ancora di arrivare alla fase progettuale.[2]
Nel settembre 2011 a Ripafratta si è tenuta una grande manifestazione, a cui hanno aderito tutte le associazioni del territorio, per chiedere la salvaguardia del monumento e per reagire alla situazione di stallo. Come conseguenza della manifestazione, pochi mesi dopo, nel 2012, gli abitanti di Ripafratta hanno fondato l'associazione "Salviamo la Rocca"[3]. Nel 2013 l'associazione ha chiesto formalmente al Comune di San Giuliano Terme di riaprire un percorso che possa portare alla messa in sicurezza del bene storico. Per sostenere tale richiesta, il 31 agosto e 1 settembre2013 si è tenuta una nuova manifestazione a Ripafratta.
Il 7 dicembre 2013, durante un evento organizzato dall'associazione "Salviamo la Rocca" a San Giuliano Terme, l'assessore all'urbanistica del Comune ha annunciato che l'Amministrazione ha trovato un accordo con i vari privati e ha ripreso i contatti con la Fondazione Pisa per arrivare ad un nuovo progetto di recupero entro il 2014[4].















































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