Buriano (Val di Cecina)
Fra le tante nomee che Buriano può vantare vi è quella, che è senza ombra di dubbio la più suggestiva e misteriosa, di “paese morto 2 volte”. Arroccato in mezzo alle verdi colline toscane che da Casin di Terra vanno verso Volterra, questo piccolo centro abitato, malgrado lo stato di abbandono e degrado con il quale convive, conserva ancora perfettamente il fascino dell’antico borgo medievale italiano.
Buriano nel corso dei secoli è andato incontro ad un progressivo processo di spopolamento dovuto a 2 principali cause così riassumibili: l’isolamento geografico (prima causa), di fondamentale importanza in epoca medievale per la natura strategica e difensiva di questo luogo, ma che divenne un limite con l’avvento dell’età moderna, spinse gli abitanti a spostarsi altrove per cercare una condizione di vita migliore (seconda causa).
La storia della “morte” definitiva di questo paese, la “seconda morte”, è però particolarissima ed estremamente significativa di come malsani interventi turistici possano sentenziare definitivamente la fine di una località.
Siamo agli inizi degli anni ’60: gli abitanti censiti a Bugnano sono 43. In cento anni la popolazione è diminuita di circa il 50%. Un primo tentativo di rilanciare il borgo si ha nel 1986 con la realizzazione di un albergo-agriturismo all’ingresso della località (14 camere, cucina di qualità per offrire un turismo di riposo nella quiete delle campagne toscane). La gestione fu affidata ad alcuni imprenditori italiani che per 10 anni ottennero un discreto successo. Nel 1997 il complesso fu acquistato da un imprenditore svizzero con l’intento di trasformare l’albergo in una beauty-farm (una delle prime in Toscana). Una beauty-farm è una struttura solitamente collocata in campagna o comunque lontano dalle città, in cui è possibile alloggiare ed eseguire una serie di trattamenti specifici, orientati naturalmente al relax e al benessere, effettuati da professionisti del settore.
L’innovativo progetto da venti miliardi di vecchie lire e che avrebbe dovuto generare sessanta posti di lavoro incontrò tantissime difficoltà burocratiche che ne ostacolarono la realizzazione: la nuova struttura non fu mai completata.
Da quel momento, inizi del 1998, Buriano fu abbandonata completamente dagli ultimi residenti e anche da chi, solitamente, vi soggiornava qualche giorno d’estate.
Oggi gran parte dell’area è ancora di proprietà della società di Benz che, nonostante alcune offerte, non è mai riuscita a trovare un’intesa con i potenziali acquirenti, come la cordata d’imprenditori scozzesi di Aberdeen che nel 2006 aveva fatto una proposta di acquisto.
La visita a Buriano, specialmente nei caldi giorni primaverili, è una meravigliosa esperienza: le casette del borgo e la rigogliosa vegetazione creano una perfetta atmosfera di tranquillità che pervade il visitatore. Due colonne in mattoni delimitano l’ingresso a Buriano e affisso su una di esse spicca il rugginoso cartello che indica l’albergo mentre sulla destra un vialetto incolto conduce all’antica villa posseduta dalla famiglia francese Rochefort.
Il primo edificio che s’incontra risalendo il piccolo sentiero che conduce al borgo è l’ex albergo che, dopo anni di abbandono, conserva ancora integre le strutture ma lascia facilmente intravedere i segni del lento logorio causato dall’incuria e dagli agenti atmosferici. L’edificio si presenta come una struttura a sé stante, completamente fuori luogo: non ha niente a che vedere con le piccole e umili case del centro storico, sia a livello di materiali utilizzati per la costruzione sia a livello architettonico delle strutture: questo è forse stato uno dei principali motivi che hanno portato al fallimento dell’attività.
Le camere all’interno conservano ancora della mobilia nonostante i numerosi atti vandalici subiti: la zona ristoro è quella meglio conservata e ci si potrebbe aspettare da un momento all’altro di veder apparire un cameriere intento a servire la clientela. Affrontando la ripida salita, costeggiata da cipressi, che porta al vero e proprio borgo, ci si trova in un piazzetta sulla quale affaccia la piccola chiesa. All’interno della cappella una lapide ne racconta la storia: eretta nell’890 dal Marchese Incontri Oriundo da Teodorico, fu restaura il 3 settembre 1888 e dedicata alla SS. Vergine Maria per volere del Barone Pietro Emilio de Rochefort, proprietario della villa presenta a Buriano. Adiacente alla chiesa si trova la canonica, uno degli edifici più nuovi e meglio conservati dell’interno borgo, è stato oggetto di ristrutturazioni ma risulta disabitato da anni; poco lontano ci si imbatte nel cimitero dove riposano persone scomparse negli anni 50’, il cancello è chiuso da una grossa catena ma all’interno si nota l’incuria alla quale il luogo è lasciato. Le case che compongono Buriano non sono più di una decina, alcune a due piani, al primo piano erano situate cantine o ex ricoveri per animali. Fra la vegetazione, dalla piazza di Buriano, si intravede il tetto della grande villa che è raggiungibile attraverso un piccolo sentiero che scende dal borgo. La villa è ben conservata, gli infissi sono tutti intatti e nessuna porta acconsente l’accesso, il giardino appare abbastanza curato e la grande speranza è che questa meravigliosa struttura non venga lasciata al solito destino che ha interessato Buriano.
Fra le tante nomee che Buriano può vantare vi è quella, che è senza ombra di dubbio la più suggestiva e misteriosa, di “paese morto 2 volte”. Arroccato in mezzo alle verdi colline toscane che da Casin di Terra vanno verso Volterra, questo piccolo centro abitato, malgrado lo stato di abbandono e degrado con il quale convive, conserva ancora perfettamente il fascino dell’antico borgo medievale italiano.
Buriano nel corso dei secoli è andato incontro ad un progressivo processo di spopolamento dovuto a 2 principali cause così riassumibili: l’isolamento geografico (prima causa), di fondamentale importanza in epoca medievale per la natura strategica e difensiva di questo luogo, ma che divenne un limite con l’avvento dell’età moderna, spinse gli abitanti a spostarsi altrove per cercare una condizione di vita migliore (seconda causa).
La storia della “morte” definitiva di questo paese, la “seconda morte”, è però particolarissima ed estremamente significativa di come malsani interventi turistici possano sentenziare definitivamente la fine di una località.
Siamo agli inizi degli anni ’60: gli abitanti censiti a Bugnano sono 43. In cento anni la popolazione è diminuita di circa il 50%. Un primo tentativo di rilanciare il borgo si ha nel 1986 con la realizzazione di un albergo-agriturismo all’ingresso della località (14 camere, cucina di qualità per offrire un turismo di riposo nella quiete delle campagne toscane). La gestione fu affidata ad alcuni imprenditori italiani che per 10 anni ottennero un discreto successo. Nel 1997 il complesso fu acquistato da un imprenditore svizzero con l’intento di trasformare l’albergo in una beauty-farm (una delle prime in Toscana). Una beauty-farm è una struttura solitamente collocata in campagna o comunque lontano dalle città, in cui è possibile alloggiare ed eseguire una serie di trattamenti specifici, orientati naturalmente al relax e al benessere, effettuati da professionisti del settore.
L’innovativo progetto da venti miliardi di vecchie lire e che avrebbe dovuto generare sessanta posti di lavoro incontrò tantissime difficoltà burocratiche che ne ostacolarono la realizzazione: la nuova struttura non fu mai completata.
Da quel momento, inizi del 1998, Buriano fu abbandonata completamente dagli ultimi residenti e anche da chi, solitamente, vi soggiornava qualche giorno d’estate.
Oggi gran parte dell’area è ancora di proprietà della società di Benz che, nonostante alcune offerte, non è mai riuscita a trovare un’intesa con i potenziali acquirenti, come la cordata d’imprenditori scozzesi di Aberdeen che nel 2006 aveva fatto una proposta di acquisto.
La visita a Buriano, specialmente nei caldi giorni primaverili, è una meravigliosa esperienza: le casette del borgo e la rigogliosa vegetazione creano una perfetta atmosfera di tranquillità che pervade il visitatore. Due colonne in mattoni delimitano l’ingresso a Buriano e affisso su una di esse spicca il rugginoso cartello che indica l’albergo mentre sulla destra un vialetto incolto conduce all’antica villa posseduta dalla famiglia francese Rochefort.
Il primo edificio che s’incontra risalendo il piccolo sentiero che conduce al borgo è l’ex albergo che, dopo anni di abbandono, conserva ancora integre le strutture ma lascia facilmente intravedere i segni del lento logorio causato dall’incuria e dagli agenti atmosferici. L’edificio si presenta come una struttura a sé stante, completamente fuori luogo: non ha niente a che vedere con le piccole e umili case del centro storico, sia a livello di materiali utilizzati per la costruzione sia a livello architettonico delle strutture: questo è forse stato uno dei principali motivi che hanno portato al fallimento dell’attività.
Le camere all’interno conservano ancora della mobilia nonostante i numerosi atti vandalici subiti: la zona ristoro è quella meglio conservata e ci si potrebbe aspettare da un momento all’altro di veder apparire un cameriere intento a servire la clientela. Affrontando la ripida salita, costeggiata da cipressi, che porta al vero e proprio borgo, ci si trova in un piazzetta sulla quale affaccia la piccola chiesa. All’interno della cappella una lapide ne racconta la storia: eretta nell’890 dal Marchese Incontri Oriundo da Teodorico, fu restaura il 3 settembre 1888 e dedicata alla SS. Vergine Maria per volere del Barone Pietro Emilio de Rochefort, proprietario della villa presenta a Buriano. Adiacente alla chiesa si trova la canonica, uno degli edifici più nuovi e meglio conservati dell’interno borgo, è stato oggetto di ristrutturazioni ma risulta disabitato da anni; poco lontano ci si imbatte nel cimitero dove riposano persone scomparse negli anni 50’, il cancello è chiuso da una grossa catena ma all’interno si nota l’incuria alla quale il luogo è lasciato. Le case che compongono Buriano non sono più di una decina, alcune a due piani, al primo piano erano situate cantine o ex ricoveri per animali. Fra la vegetazione, dalla piazza di Buriano, si intravede il tetto della grande villa che è raggiungibile attraverso un piccolo sentiero che scende dal borgo. La villa è ben conservata, gli infissi sono tutti intatti e nessuna porta acconsente l’accesso, il giardino appare abbastanza curato e la grande speranza è che questa meravigliosa struttura non venga lasciata al solito destino che ha interessato Buriano.
Commenti
Posta un commento