Vitiana (480 m S.l.m.)
Le più antiche menzioni della comunità di Vitiana, sono presenti su diversi documenti del sec. XVI conservati all’Archivio di Stato e all’Archivio Arcivescovile di Lucca considerabili, in più casi, come copie di un apparato archiviale che, venuto a comporsi dal 1172 fino al 1550, delineano la storia di Vitiana nel più ampio contesto della Vicarìa di Coreglia.
Gli interessi del Comune di Lucca sui territori del medio e basso corso del Serchio sono evidenti sin dalla metà del sec. XIII, dato che in un documento del 1272 compare già la notizia della istituzione di una Vicarìa presso Coreglia che dovette ben presto ampliare la propria giurisdizione se nello Statuto di Lucca del 1308 ben trentasei Comunità, fra cui Vitiana, appaiono afferenti alla amministrazione di Vicaria con sede a Coreglia.
Confuse, e in parte oscure, rimangono le vicende che si susseguono nei territori di lucchesia e media Garfargnana nel corso della reggenza di Castruccio Castracani (1281 — 1328), che, proclamato da Federico III fin dal 1320 vicario imperiale per le aree di Lucca, Valdinievole e Lunigiana, fu strenuo difensore del partito ghibellino e oppositore della guelfa Firenze, di cui sconfisse le truppe che avevano occupato il castello di Altopascio spingendosi, in quella occasione, fin sotto le mura della città (1325) che fu costretta a chiedere protezione e a darsi in signoria a Roberto d’Angiò re di Napoli.
Alla improvvisa morte di Castruccio (1328), da alcuni considerata sospetta, si dovette aprire un breve periodo di parziale instabilità ed i pochi documenti archiviali di quelle fasi registrano, comunque, la permanenza della giurisdizione di Coreglia affidata al vicario Salvaggio de’ Mordecastelli (1330 —1333). Nella primavera del 1333 Carlo di Boemia concesse il titolo, prima, a Santi Castracani degli Antelminelli per trasferirlo poi, a causa della forte opposizione del collegio degli Anziani di Lucca, nell’ottobre del medesimo anno a Francesco Castracani degli Antelminelli unendovi anche il territorio di Ghivizzano. Francesco mantenne la reggenza anche nel corso della fase di occupazione scaligera della lucchesia, anche se la sua palese opposizione e l’alleanza con Pisa gli valsero l’assedio di Coreglia ed un sostanziale restringimento delle competenze territoriali susseguita agli accordi fra Giovanni Visconti e Firenze (pace di Sarzana del 1353).
Con il diploma imperiale dell’ 8 maggio 1355, emesso da Carlo IV, Francesco Castracani otterrà la piena titolarità feudataria della Vicarìa, con annessa contea, ma di essa ben breve fu il godimento dato che l’anno successivo venne ucciso dai figli di Castruccio. Per tredici anni, comunque, il feudo rimase nelle mani dei discendenti di Francesco fin quando (1369) il Comune di Lucca nominò un nuovo Vicario che, per motivi di opportunità e di più veloce comunicazione, stabilì la propria sede a Borgo a Mozzano anziché a Coreglia. Più volte, nei due secoli successivi, la Comunità di Coreglia protestò con il Consiglio Generale della Repubblica affinché si procedesse alla nomina di un Commissiario che avesse l’obbligo di risiedere nell’antico Castello, ma solo nel 1562 tale richiesta venne esaudita: da quell’anno il Castello tornò sede di uno speciale commissariato con funzioni di controllo ed esercizio giuridico, civile e penale, sulle comunità di Coreglia, Ghivizzano, Lucignana, Tereglio e Vitiana; si venne così a formare una nuova sede amministrativa, distaccata dalla Vicarìa di Borgo a Mozzano, cui nel 1581 si aggiunse anche la comunità di Pian di Coreglia.
Purtroppo ben pochi sono i documenti fino ad oggi pervenuti e conservati circa l’amministrazione circondariale di Coreglia nei secoli XVI — XVIII, la cui perdita è probabilmente da farsi risalire alle trasformazioni giuridiche ed istituzionali imposte, prima, dalla signoria dei Baciocchi, poi dal nuovo impianto amministrativo della fase napoleonica sicché se da una parte “le carte delle Comunità che cessarono di aver vita e governo autonomo avrebbero dovuto concentrarsi presso le cancellerie di quelle che rimanevano o si ingrandivano” dall’altra si può supporre che “ciò non sempre fu fatto, e si determinarono così innumerevoli ed irreparabili perdite documentarie”. Per altro le documentazioni relative alla Vicaria, per quanto era di più stretta competenza della amministrazione governativa di Lucca in merito alla giurisdizione civile e penale, sono conservate, pur incomplete, nel fondo dell’Archivio di Stato di Lucca.
Un documento del 1374 fornisce comunque una vivida immagine di come le Comunità facenti capo alla antica Vicarìa di Coreglia intendessero fornirsi di un più efficace Statuto che fosse garante e rappresentativo delle esigenze giuridiche, civili, penali, sociali e censuarie necessarie alla vita comunitaria e sociale di una popolazione che si era evidentemente andata ampliando e diffondendo in più agglomerati lungo la bassa valle del Serchio. Il 28 febbraio di quell’anno il notaro ser Lorenzo da Barga redigeva, in atto notarile, il verbale di una specifica riunione indetta nella piazza comunale dai tre Capitani al fine di “providere, statuere, ordinare et reformare circha faciendo et ordinando statuta et ordinamenta dicti Communis”. In quel consesso, cui è probabile ma non accertato che partecipassero anche rappresentanti delle Comunità soggette, venne nominata una Commissione di nove delegati che ricevettero l’incarico di formulare e redigere un nuovo Statuto. Di esso, come delle giurisdizioni amministrative successive, fra XIV e XVI secolo, si sono venuti purtroppo perdendo le documentazioni, tanto che il più antico testo conservato della Comunità di Coreglia è quello del 1571, così come gli Statuti delle Comunità soggette che si riferiscono alle stesure redatte a partire dalla seconda metà del sec. XVI.
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